Così l'Alfa fa conoscenza di uno scomodo compagno di viaggio, che lo seguirà - con alterne vicende - fino a quella morte di cui si potrà considerare consistente concausa.

Comunque, ripresa la produzione delle auto dell'anteguerra con i materiali a suo tempo accantonati, e sostenuta dalla "Banca nazionale di sconto", l'azienda respira.

Nel '20 si lancia un modello nuovo - la "20130 ES - che ha un buon successo e richiama .... alla "boutique" del Portello la "gente bene", abituata a scegliere in fabbrica la sua vettura 

Nel '21, la "Banca nazionale di Sconto", avendo sostenuto troppe aziénde, caricandosi oltre misura di partecipazioni industriali, ha un tracollo. L'Alfa Romeo e i suoi circa 2.500 dipendenti sono in grave pericolo. Interviene un "Istituto per le sovvenzioni industriali", che la salva, certamente per il prestigio di Romeo, ma anche a condizione della trasformazione in Spa e di una robusta ristrutturazione.

L'organico scende a 1.000 unità, nel senso che le attività extra auto vengono chiuse. É, già a questo punto, il caso di rilevare come, nel giro di 15 anni, l'Alfa Romeo abbia già avuto 4 crisi, con rischio di chiusura e le abbia superate, con i SACRIFICI di tutta l'azienda e per l'impegno di UOMINI Dl PRESTIGIO

Si produce una grande autovettura, la R.L., che, in breve si vende in ben 800 unità.

Intanto, siamo al 1923, con l'ausilio di Enzo Ferrari, che dell'Alfa è pilota e collaudatore, si strappa alla FIAT il grande progettista Jano ( e sono due gli incroci (il primo era stato Merosi ) già a questo punto, dell'Alfa Romeo con la grande casa torinese!)

R.L. super sport
Merosi, un po' mortificato, prima va a dirigere una fabbrica di Romeo allocata al Sud e, poi, si dimette e va a fare il progettista alla Isotta Fraschini.
Jano si applica alla progettazione di una grande macchina da corsa e, nel '24 circa, partorisce il progetto della "immensa"  "P2", che spopolerà, anche con la sua derivata "P3", in tutte le competizioni del mondo. Jano
P2 P3
E' questo anche il tempo di alcune innovazioni progettative, le cui profonde tracce durano anche al presente.

Ma l'Alfa Romeo, come azienda, non cresce come dovrebbe, perché a fronte della grandissima efficacia delle sue progettazioni e delle sue produzioni,  denuncia  proporzionate  inefficienze  di  gestione, specialmente industriale : è una grande officina che produce e elabora macchine da competizione, anche appetite dal mercato nelle derivazioni turistiche, e vive nello stato del più beato artigianato, con Romeo che, alla economicità della gestione, antepone l'attaccamento dei suoi operai con le sue ricadute di compatta cultura aziendale e di fortissimo senso di appartenenza.

E' una situazione brillante sul piano tecnico, ma difficile su quello finanziario, tanto che si fa una timida "rentrè" nella produzione di motori avio su licenza (anche in passato L'alfa Romeo si era cimentata, con buoni successi in questa produzione, che, genera anche ricadute tecniche innovative nei progetti dell'auto).

Siamo al '25 e, mentre la situazione tecnica è tanto brillante che viene progettata e messa in produzione la 6 cl. "Autocar 1500", quella economica è di smantellamento e chiusura.

Il partito Fascista, e Mussolini in particolare, non vogliono la chiusura dell'Alfa, sia perché è una fonte di prestigio per il Paese, sia perché resta pur sempre una fabbrica che produce anche motori avio; e ciò alle ambizioni del regime interessa molto.

Essendo le crisi dell'apparato industriale ricorrenti ed endemicamente presenti in Italia, si è da poco costituito un "Istituto per le liquidazioni", il cui nome spiegherebbe la sua sinistra, quanto necessaria funzione:

tagliare i rami secchi e farne un rogo.

Non dell'Alfa però. Infatti si opera una sommaria ricapitalizzazione, si dispone un'altra consistente ristrutturazione ed, estromesso Romeo, si ricostituisce il vertice nelle persone di Broccardi, presidente e Gallo (lo incontreremo ancora alla fine della seconda guerra ) direttore generale. Nonostante la cura, la situazione resta precaria, mentre i successi produttivi e sportivi si mietono a piene mani, come se il settore tecnico e la fabbrica appartenessero ad un altro sistema ( un esempio? La famiglia delle 1750!).

Di questo periodo, molto travagliato anche per la conseguente turbolenza dell'assetto direzionale ( esce Gallo, subentra Gianferrari, gli succede poi Orazi, etc.), va anche ricordata una felice intuizione di Gianferrari, il quale introduce una linea di produzione di autocarri, che avrà , poi, una storia positiva, passando per i celebri gasogeni della seconda guerra, fino ai nostri giorni, in Brasile.

L'Alfa Romeo di Ugo Gobbato

Si arriva al '33 e il sistema bancario italiano, mentre imperversa l'autarchia mussoliniana, è in fin di vita per l'eccesso di partecipazioni industriali derivanti da debiti consolidati in pacchetti azionari. A sua volta, l"'Istituto per le liquidazioni", nei pochi anni di vita, ha potuto far molto poco.

Viene creato l'IRI (Istituto per la ricostruzione industriale ), che assorbe anche l'Alfa Romeo morente ( badare bene che si è giunti alla sesta grave crisi dell'azienda connotata da imminenza di chiusura!).